La legge di riforma del lavoro approvata dalla Camera il 27 giugno prevede, all’art 4 (Ulteriori disposizioni in materia di mercato del lavoro), l’emanazione di decreti legge per la costruzione di un “sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze” fondato su “standard minimi di servizio omogenei”, nel rispetto dei “principi di accessibilità, riservatezza, trasparenza, oggettività e tracciabilità”.
La certificazione delle competenze “acquisite nei contesti formali, non formali ed informali” è un atto pubblico che ha lo scopo di “garantire la trasparenza e il riconoscimento degli apprendimenti”, e conduce al rilascio di un certificato, un diploma o un titolo “che documenta formalmente l’accertamento e la convalida effettuati da un ente pubblico o da un soggetto accreditato o autorizzato” . Per competenza certificabile si intende “un insieme strutturato di conoscenze e di abilità, riconoscibili anche come crediti formativi, previa apposita procedura di validazione nel caso degli apprendimenti non formali e informali”, da registrare nel libretto formativo o nelle”anagrafi del cittadino”.
Gli standard delle qualificazioni e delle competenze certificabili faranno riferimento a “un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali”.
In linea con gli indirizzi dell’Unione europea, la legge definisce apprendimento permanente “qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita per migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale” – e distingue fra:
- apprendimento formale: si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta;
- apprendimento non formale: risponde a una scelta intenzionale della persona e si realizza in organismi che perseguano scopi educativi e formativi (anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale) e nelle imprese;
- apprendimento informale: si realizza, anche senza una scelta intenzionale, con attività nelle situazioni di vita quotidiana e nell’ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
In coerenza con il principio di sussidiarietà e nel rispetto dei poteri delle Regioni, sentite le Parti sociali, saranno individuati criteri generali e priorità per promuovere e sostenere reti territoriali, comprensivi dell’insieme dei servizi di istruzione, formazione e lavoro “collegati alle strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro dei giovani, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo, l’esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati”.
Le reti territoriali avranno il compito di:
- sostenere le persone nella costruzione di propri percorsi di apprendimento formale, non formale ed informale ivi compresi quelli di lavoro, facendo emergere “i fabbisogni di competenza secondo le necessità dei sistemi produttivi e dei territori di riferimento, con attenzione particolare alle competenze linguistiche e digitali”;
- riconoscere i crediti formativi e certificare gli apprendimenti comunque acquisiti;
- offrire “servizi di orientamento lungo tutto il corso della vita”.
Alle reti territoriali dei servizi concorrono anche le università, le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e sindacali, le Camere di commercio, l’Osservatorio sulla migrazione interna.
Saranno definite norme e livelli essenziali di prestazioni per validare gli apprendimenti non formali e informali, attraverso un “omogeneo processo di servizio alla persona”, “sulla base di idonei riscontri e di prove”, “nel rispetto delle scelte e dei diritti individuali”, e delle “pari opportunità”.
Saranno anche riconosciute le esperienze di lavoro, “quale parte essenziale del percorso educativo, formativo e professionale della persona”, e gli apprendimenti non formali e informali potranno essere convalidati come crediti formativi, in relazione ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni compresi nel citato “ repertorio nazionale”, che andrà definito e aggiornato ogni tre anni.