Si parla spesso di fuga dei cervelli, di come sia necessario far rimanere in Italia i migliori talenti ed evitare che la nostra economia ed il nostro lavoro si privino di competenze utili per uscire dalla crisi. Il Rapporto Migrantes 2012 fornisce in questo senso dati e valutazioni interessanti.
“Sono numerosi i giovani italiani che si lasciano alle spalle una situazione di precarietà e si recano all’estero: quasi sempre sono provvisti di un’ adeguata qualificazione per inserirsi nel mondo produttivo e nella ricerca”. Gli italiani residenti all’estero sono più di quattro milioni, con una crescita costante che nell’ultimo anno è stata di quasi 100mila individui. Cifra inferiore al vero, dato che le esperienze di lavoro all’estero dei nostri giovani non sono adeguatamente monitorate e non vengono rilevate dall’anagrafe degli italiani residenti all’estero.
I giovani italiani under 24 disposti a lavorare e a vivere all’estero sono più del sessanta per cento, mentre fra i giovani in possesso di laurea a volere andar via sono soprattutto donne e residenti al Centro Nord.
Nel 2011 almeno 40mila giovani hanno lasciato l’Italia. Nel 70 per cento dei casi si tratta di laureati ( medici, architetti, avvocati, ingegneri ), provenienti soprattutto dalle regioni del Centro Nord. Giovani che dal Sud vanno al Nord e giovani che dal Nord vanno all’estero: questi sembrano i flussi migratori dell’Italia in crisi. La legge del 2010, che permetteva forti abbattimenti fiscali ai talenti pronti a rientrare e lavorare in Italia, non pare aver sortito effetti particolari.
Dove vanno i nostri talenti? In Germania, in Svizzera ed in Gran Bretagna, ma anche negli Stati Uniti, in Brasile, in Cina ed in Australia. Una recente analisi del Comune di Milano sui propri giovani espatriati conferma che il motivo principale del trasferimento all’estero non è la ricerca di una stabilità salariale, ma il desiderio di vedere riconosciuti capacità e meriti. C’è di che riflettere. I giovani che, grazie a programmi come Erasmus, hanno incominciato a studiare e a viaggiare all’estero fanno fatica a riconoscersi in un Paese che appare stanco, bloccato, disattento al merito.