Il Convegno di For.Te. , Dare forma al futuro, svoltosi a Roma il 30 novembre presso il Radisson Blu Hotel ha visto la presenza di oltre 400 partecipanti, fra imprese aderenti ed esponenti del mondo della formazione e del lavoro.
Nel corso di esso è stata presentata la ricerca Fondi interprofessionali: ruolo ed evoluzione, curata da Adapt sotto la direzione scientifica del Prof. Michele Tiraboschi.
Gentili ospiti, Colleghi, Signore e Signori,
benvenuti e grazie per la Vostra presenza.
L’appuntamento di oggi è dedicato alla presentazione dei risultati della ricerca realizzata dal Fondo ed è l’occasione per parlare, a più voci, del futuro.
Per questo abbiamo voluto mostrarvi, in apertura, le persone che hanno dato voce e volto ai tanti, (aziende e lavoratori) che ci hanno scelto e che fanno di For.Te. uno dei principali Fondi italiani.
Dalle persone e dalle aziende vogliamo partire per immaginare un sistema di formazione virtuoso e sostenibile, quanto più possibile inclusivo, in grado di favorire la crescita professionale, e, allo stesso tempo, di promuovere l’efficacia e l’efficienza dei processi produttivi e il rinnovamento della cultura d’impresa.
E’ questo il senso profondo dell’iniziativa di oggi, che vogliamo condividere con voi.
Siamo nel pieno di una grande crisi che non ha risparmiato nessun settore economico e che ha investito lo stesso mondo politico. E’ una crisi violenta, con effetti profondi sul mercato del lavoro e sull’occupazione e di cui non siamo in grado di prevederne la durata.
Sono ben presenti a tutti noi i rischi di emarginazione e di esclusione di un gran numero di cittadini.
Il 2012 si presenta come un anno delicato e complesso; siamo ormai consapevoli che indietro non si tornerà e che una delle migliori risposte è l’investimento nelle competenze e nell’accompagnamento dei lavoratori ad altre, nuove occupazioni. Le sole misure di politica passiva rischierebbero di cronicizzare l’inattività, il peggiore nemico dell’inclusione sociale; i Fondi possono affiancare gli interventi di sostegno al reddito, con gli strumenti che gli sono propri, cioè attraverso interventi formativi mirati e misure propedeutiche.
L’investimento delle aziende nella formazione continua, volto a promuovere il capitale umano, non è solo un fattore chiave per l’economia, per la competitività e per l’occupazione in Europa, ma soprattutto è indicativo del ruolo che le aziende possono svolgere per risolvere le imperfezioni del mercato del lavoro e gli squilibri occupazionali, migliorando al tempo stesso la loro performance aziendale.
Infatti, a fronte della crisi economica che ha colpito le economie europee e aumentato il numero dei disoccupati, le azioni della Commissione europea e il benchmark delle varie esperienze comparate, mostrano come la giusta combinazione consista nell’affiancare alle misure di sostegno/integrazione del reddito, forti investimenti in formazione e competenze sul luogo di lavoro.
In un mercato internazionale, in cui sarà sempre più decisivo l’investimento in capitale umano, viene esaltata la funzione di sistemi di formazione continua adeguati, in grado di garantire maggiore effettività agli investimenti in formazione, in raccordo con il mercato del lavoro e in coerenza con gli obiettivi specifici di ogni settore, territorio, azienda.
Su questo, l’Italia registra un ritardo cronico che ci penalizza.
Le conseguenze di un sistema basato sull’offerta, più che sulla reale domanda di competenze, sono davanti ai nostri occhi: un continuo e grave disallineamento tra domanda e offerta di lavoro, a fronte di preoccupanti tassi di disoccupazione, soprattutto giovanile, la mancanza di innovazione ed il lento ritmo della produttività del lavoro.
La stessa nascita dei Fondi interprofessionali, importante novità di questi anni, ha potuto solo in parte incidere sulla situazione preesistente, a causa degli ostacoli che ne hanno impedito il pieno sviluppo; non vogliamo negare che parte di questi possano essere imputabili ai Fondi stessi, ma in larga parte sono dovuti ad un quadro di riferimento ancora troppo indefinito, e alle implicazioni derivanti dalle tesi contrapposte sulla natura dei Fondi; riaffermiamo qui la natura privatistica e bilaterale dei Fondi, che può facilitare il conseguimento degli obiettivi già menzionati.
Ne è una conferma, per quanto ci riguarda, la modalità del Conto Individuale Aziendale, che ha contribuito in misura notevole a semplificare l’utilizzo della formazione e ad avvicinarla ai tempi delle aziende.
Va detto, infine, che il proliferare delle autorizzazioni all’attivazione di nuovi Fondi (ad oggi siamo a quota 20 e si vocifera di altre prossime autorizzazioni) crea il rischio concreto di una eccessiva frammentazione che non giova all’intero sistema.
Se, nelle intenzioni del legislatore, la portabilità doveva servire ad aprire il mercato e stimolare una sana concorrenza, nei fatti, una portabilità con poche regole può rappresentare il pericolo concreto che ciascun Fondo più che impegnarsi a fornire risposte concrete alle nuove esigenze date dal mercato del lavoro, concentri i propri sforzi sull’acquisizione di quote di mercato per potersi garantire la continuità operativa, se non la propria esistenza.
Se mi è concesso un confronto, uno scenario simile, nel mondo dell’welfare contrattuale, si è già verificato per i Fondi negoziali previdenziali.
All’inizio pronti e via, ogni sigla costituì il proprio Fondo, salvo verificare dopo pochi anni, la non sostenibilità di certe ambizioni.
E’ dovuta intervenire la commissione di Vigilanza per avviare una razionalizzazione pilotata del sistema.
L’esperienza ci dice, e chiudo l’argomento, che non sempre liberalizzazione coincide con buoni risultati. Noi abbiamo bisogno di certezze e di stabilità per poter concentrare tutti i nostri sforzi a favore di quel binomio inscindibile fatto da imprese e lavoratori.
A differenza del passato, la sfida del capitale umano si pone con massima urgenza.
Ogni intervento deve rispondere alla necessità urgente di individuare strumenti nuovi e promozionali che offrano a lavoratori e imprese tutele certe e concretamente spendibili nel mercato per affrontare l’incertezza economica e occupazionale nel breve termine.
Occorre impegnarsi per un nuovo modo di fare formazione, sempre più legato agli esiti dell’apprendimento e alle competenze dei lavoratori, e meno alle procedure formali e ai luoghi di erogazione dei servizi di formazione.
Serve quindi, una progettazione di percorsi formativi efficaci e dinamici, basati sulla effettiva domanda di formazione delle imprese, nei settori e nei territori, finalizzati alla preparazione – anche in assetto lavorativo – delle persone ai nuovi mestieri e al cambiamento.
Una formazione, così strutturata, necessita di rigorosi processi di riconoscimento, valutazione e validazione delle competenze.
E’ l’unico modo per adeguarsi ad un mercato del lavoro sempre meno fondato sull’idea di “posto”, e sempre più basato sulle professionalità.
Non è più rinviabile la definizione dei contorni essenziali di un sistema efficace di formazione continua.
Non vogliamo limitarci a commentare, da spettatori, dati e dinamiche. Sentiamo forte la responsabilità che abbiamo, in questo contesto.
L’evoluzione del quadro giuridico-istituzionale amplia le funzioni affidate ai Fondi interprofessionali, valorizza il ruolo delle Organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, quali soggetti responsabili della formazione, nell’ottica della sussidiarietà e degli Enti bilaterali, nella fase di definizione dei fabbisogni;
stimola infine, la ricerca di una più efficiente sinergia tra risorse pubbliche e private destinate alla formazione, con l’obiettivo di intervenire così sull’intera platea dei potenziali beneficiari.
Noi di For.Te. questa sfida intendiamo coglierla, imprimendo maggiore velocità alla evoluzione avviata in questi ultimi anni.
Tocca a noi dimostrare di non avere paura dei cambiamenti e ricordarci che nei momenti di maggiore crisi restare passivamente fermi, significa retrocedere e perdere opportunità per il futuro.
In Italia il Terziario cui si rivolge il nostro Fondo, rappresenta un comparto trainante, prova ne è il numero di imprese che vi appartengono, il doppio rispetto a quello dell’industria. Secondo i dati recenti di Infocamere, le imprese attive sono più di 5 milioni; di queste, 3 milioni appartengono al terziario di mercato.
In linea con la demografia d’impresa, la tendenza dell’occupazione negli ultimi decenni è stata positiva, superiore a quella degli altri settori, raggiungendo i 10 milioni di lavoratori, pari al 45% del totale.
Secondo lo studio Censis, il terziario vale il 71% del valore aggiunto prodotto dall’intera economia. Il 50% del valore aggiunto nazionale è riferibile ai servizi privati di mercato (dal commercio al turismo, dai trasporti ai servizi finanziari, alle attività professionali), il 21% al sistema pubblico e ai servizi alla persona.
I dati riferiti ai soli settori del commercio, turismo e servizi, evidenziano nel periodo più recente una dinamica imprenditoriale non troppo vivace.
Nei primi tre trimestri del 2011 il saldo tra iscrizioni e cessazioni è risultato negativo, con un deficit di 41.342 unità. Nonostante ciò, lo stock delle imprese registrate si è mantenuto sostanzialmente stabile e ciò evidenzia che il terziario presenta ancora forti potenzialità. Al 30 settembre 2011 le imprese del commercio e turismo ammontano a 1.947.936, in leggero rialzo rispetto ai trimestri precedenti.
Per numeri e tipologie di aziende, For.Te. rappresenta certamente il Fondo Interprofessionale di riferimento del terziario. Rappresenta in questo settore le maggiori quote fra tutti i Fondi interprofessionali, sia in termini di aziende (36,6%), che di dipendenti (41,2%).
For.Te. – da solo – eguaglia quasi la somma delle adesioni del terziario ai Fondi interprofessionali più direttamente concorrenti.
Le aziende maggiormente rappresentate in For.Te., in linea con la caratterizzazione strutturale del terziario stesso, sono sicuramente quelle appartenenti al comparto del Commercio, Turismo e Servizi, che sono prevalenti, e al comparto della Logistica, Spedizioni e Trasporti.
In questi anni il Fondo è riuscito ad attrarre molte aziende appartenenti ad altri settori, che rappresentano oggi il 10% sul totale dei nostri aderenti.
Dobbiamo tuttavia evidenziare come le aziende non iscritte a nessun Fondo, siano ancora moltissime, e come vi siano ampi margini di espansione.
E vogliamo ricordarlo a tutti gli amici degli altri Fondi impegnati prevalentemente a farsi concorrenza sulle aziende già aderenti talora anche con informazioni non proprio precise, piuttosto che concertare una politica di azione sulla cosiddetta massa grigia.
In questi anni, For.Te., ha registrato un aumento costante delle adesioni, tale da farne il secondo Fondo interprofessionale in Italia per numero di imprese aderenti e per numero di dipendenti. Nell’impiego delle risorse, conferite a titolo di start-up nel corso del primo triennio di attività cui si sono aggiunte le risorse finanziarie trasferite dall’INPS, For.Te. si è distinto per capacità e continuità di spesa.
L’ultimo Rapporto del Fondo, presentato nel 2010, ha reso visibile l’attività complessivamente svolta, che sotto il profilo numerico risulta particolarmente significativa sia per le risorse complessivamente distribuite che per le ore di formazione erogate, di lavoratori formati e di aziende coinvolte.
For.Te. ha garantito importanti investimenti in risorse umane, erogando complessivamente oltre 450milioni di euro e promuovendo l’aggiornamento, la specializzazione e la riqualificazione di oltre 1 milione di lavoratori.
L’attività svolta ha comportato un notevole impegno sotto il profilo strategico e organizzativo.
E’ stata prestata massima attenzione all’ampliamento e al miglioramento dell’offerta di servizi da parte del Fondo, al fine di rispondere in modo sempre più adeguato ai fabbisogni delle aziende aderenti e potenziali aderenti.
In particolare, sono stati messi in atto interventi di facilitazione e semplificazione delle procedure per accedere agli Avvisi, mentre sono state attivate due nuove linee di finanziamento, il catalogo dei Voucher e il Conto Individuale Aziendale.
È stata inoltre intensificata l’attività di promozione e di sensibilizzazione, finalizzata a far conoscere meglio le opportunità offerte da For.Te..
Non vogliamo soffermarci tuttavia su quello che abbiamo fatto fino a oggi, ma sul grande lavoro che ci aspetta, immaginando un’evoluzione del nostro Fondo, nelle funzioni e nel funzionamento, caratterizzata dal voler essere sempre più partner delle aziende che ci scelgono.
Questa evoluzione, per noi, non significherà la rinuncia o l’abbandono del modello solidaristico, che ci contraddistingue.
Vi sono in particolare elementi che possono e devono qualificare la nostra attività futura.
Su questa, le Parti costituenti e gli Organi, hanno avviato un confronto, consapevoli che occorre imprimere un’accelerazione all’adeguamento di strategie, metodi e strumenti, affinché la formazione non sia uno strumento per alimentare un sistema chiuso e autoreferenziale, ma una risposta concreta e aderente alle domande di cittadini e imprese.
In questo senso diventa determinante immaginare il ruolo del Fondo non come intermediario passivo, ma come soggetto attivo che concorra ad elevare la qualità e gli standard della formazione progettata ed erogata.
Per meglio allineare l’offerta formativa alla domanda, possiamo e dobbiamo valorizzare le competenze di cui i nostri sistemi già dispongono, aprendoci a nuovi apporti (ad esempio ad una più significativa sinergia con gli Enti bilaterali nazionali e territoriali), in grado di svolgere la funzione di raccordo tra il Fondo, il mercato del lavoro e i fabbisogni formativi.
La finalità è di rendere sistematica e continua l’attività di analisi dei fabbisogni formativi e di rafforzare e migliorare il nostro ruolo, nel campo della validazione delle competenze.
For.Te. non è articolato a livello territoriale, per una scelta originaria che vuole evitare duplicazioni di compiti e concentrare al meglio le risorse nella missione istituzionale.
Il Fondo non ha tuttavia rinunciato alla fondamentale esigenza di cogliere la domanda del contesto locale; sa di poter contare su una diffusa rete di Enti bilaterali del Commercio e del Turismo e di strutture delle Parti sociali.
Questi soggetti nel loro insieme, in ragione degli obiettivi comuni che perseguono pur nei rispettivi e distinti ambiti, possono configurarsi come Agenti di sviluppo naturali, con riferimento specifico ai settori in cui operano.
Questa rete permette di aggregare, attraverso i Piani settoriali e territoriali, un numero importante di piccole e medie aziende, che hanno maggiori difficoltà ad accedere alle opportunità offerte dai Fondi interprofessionali.
Oltre ai soggetti già ricordati, non vanno dimenticati gli Enti attuatori, che a loro volta svolgono un’importante funzione di sensibilizzazione tra le aziende e che sono chiamati a garantire uno sforzo costante per il miglioramento della qualità della formazione.
E’ inoltre indispensabile confrontarsi con le altre esperienze, nazionali ed europee, per individuare modalità che ci consentano di semplificare e accelerare le procedure di approvazione e finanziamento dei Piani formativi e di favorire l’innovazione nel modo di fare formazione.
Ci riferiamo ad esempio ai requisiti e alle competenze dei formatori e dei tutor, ai luoghi della formazione, alle modalità di erogazione della formazione, nella consapevolezza che l’apprendimento sul campo non solo non debba essere trascurato, ma debba richiamare su di sé la massima attenzione.
Infine, è necessario riflettere sulla necessità che la progettazione si incentri non tanto sui percorsi formativi quanto sugli esiti dell’apprendimento, per “competenze”, valorizzandone gli strumenti, per primi il Libretto formativo e l’accreditamento degli Enti erogatori e delle figure professionali, quali i formatori.
Sui destinatari della formazione, For.Te., fin dal primo Avviso emanato, ha compreso tra i beneficiari i lavoratori stagionali e da diversi anni i lavoratori sospesi, in cassa integrazione, in mobilità, con contratti di solidarietà, con contratti di apprendistato, con contratti a progetto.
A causa delle mutevoli condizioni del mercato del lavoro e la necessità di rispondere alle esigenze di aggiornamento ed adattamento di una più ampia tipologia di lavoratori, deve essere intensificata la ricerca di collaborazione e integrazione con le risorse erogate dalle Regioni, nel rispetto delle autonomie e specificità di ciascuno.
Il fine è di sperimentare il sostegno congiunto a Piani formativi che prevedano la fruizione contestuale delle attività formative rivolte a lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e imprenditori.
Ciò nel presupposto che soprattutto nel settore terziario, e comunque nelle aziende di piccole e medie dimensioni, la qualità del servizio dipende dalla somma delle competenze espresse da tutte le risorse che agiscono nelle imprese.
Questi sono alcuni temi che abbiamo voluto sottolineare, per dire in sintesi che ci impegneremo al fine di non deludere le attese delle aziende e dei lavoratori aderenti.
Al contrario, intendiamo concorrere ad aumentare l’interesse verso il nostro Fondo, disegnando un sistema realmente accessibile, alleggerito da vincoli burocratici, semplificato nelle procedure, aperto alle innovazioni di metodi e modalità formative, e in grado soprattutto di collegare strettamente fabbisogni e risultati della formazione.
Si tratta di delineare un percorso a tappe che attraverso il raggiungimento dei singoli obiettivi, ci porti al traguardo del risultato complessivo.
Con l’auspicio di trovarvi al nostro fianco in questo importante percorso, porgo a tutti noi auguri di buon lavoro.