Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione costituisce una componente evidente della tendenza demografica e pone l’Italia sul livello dei paesi dell’Europa continentale. Più recente è il fenomeno della riduzione del tasso di natalità che risente delle tendenze dei paesi dell’area europea mediterranea.
Ciò ha conseguenze importanti, che obbligano a una strategia chiara nelle politiche sociali e del lavoro. Si tratta di cambiamenti dell’organizzazione sociale, famigliare ed economica, ma anche di modelli culturali nuovi a cui le scelte di welfare e di intervento sul mercato del lavoro stentano ad adeguarsi.
Di seguito i dati più significativi sull’invecchiamento della popolazione in Italia e sulle tendenze in atto:
- negli ultimi anni la speranza di vita per uomini e donne è cresciuta di circa quattro mesi ogni anno, continuando a crescere;
- la speranza di vita è di quasi 84 anni per la donna e di 78 anni per l’uomo;
- la speranza di vita è collegabile alla migliore qualità della vita, alle condizioni di salute e agli standard del sistema socio-sanitario e alle condizioni di vita e di lavoro, in questi anni migliorate;
- l’aumento della speranza di vita in cinquant’anni è stato di 13 anni, di gran lunga superiore alla media degli altri paesi europei ;
- gli ultrasessantacinquenni hanno raggiunto l’identica percentuale della popolazione giovanile al di sotto dei diciotto anni ( circa 19 per cento); si prevede, nei prossimi anni, un aumento della fascia di età tra i 55 ed i 65 anni E una diminuzione della fascia di età tra i 25 ed i 35 anni;
- l’aumento della popolazione e quello della speranza di vita, determinano un generale aumento della quota di popolazione delle fasce di età superiori ai cinquant’anni ed una minore incidenza della quota di popolazione giovanile.
A questi dati fanno riscontro altri fenomeni:
- in Italia il numero di figli per donna si è dimezzato in cinquant’anni ed oggi è collocato intorno a 1, 2,: decisamente sotto la media europea;
- il calo della natalità è tra i più forti d’Europa, compensato in parte dal recupero dalla maggiore presenza di figli di immigrati di prima generazione;
- la tendenza si è generalizzata e riguarda anche le donne dell’Italia meridionale;
- il numero di figli per donna in Italia è superiore solo a quello spagnolo;
- la popolazione giovanile under 35 è passata dal 31% del 1990 ( baby boomers) al 24% del 2005, è destinata a scendere fino al 20% del prossimo 2015;
- in generale, la prospettiva italiana è in linea con la prevista diminuzione della popolazione europea.
La situazione italiana mette in discussione l’assetto del mercato del lavoro e la stessa struttura dei sistemi previdenziali e di welfare, rendendo necessaria l’adozione di incisive politiche per l’invecchiamento attivo e per l’ allargamento la popolazione occupata.
Con un tasso di occupazione generale al 57% (un’occupazione femminile al 44% e una netta divisione delle opportunità di lavoro tra Nord e Sud), una speranza di vita di quasi 79 anni per gli uomini ed 84 per le donne, un dato medio di 1, 2 figli per donna l’Italia è chiamata a cambiare in modo drastico le scelte e gli strumenti del sistema di protezione sociale.
Gli obiettivi stabiliti per il 2011 sono stati del tutto mancati. In particolare quello relativo ai lavoratori anziani, il cui tasso di occupazione è fermo al 32%. Dal 2006 vi è stata in leggera ripresa per le giovani generazioni, presto interrotta con la crisi, ma il dato relativo alla popolazione adulta ed anziana al lavoro è rimasto bloccato e non si prevede a breve un incremento significativo.
Un mix di interventi positivi dovrà prevedere: misure sul piano previdenziale e di incentivazione alla permanenza al lavoro delle persone in età pensionabile; sostegno all’uscita progressiva dal lavoro con la combinazione graduale lavoro/ pensione e con il sostegno alla flessibilità in uscita; strumenti di reimpiego e per l’inserimento lavorativo dei disoccupati anziani anche attraverso i Servizi per l’impiego; modelli di gestione e di organizzazione di attività economiche socialmente utili e di nuovo lavoro autonomo; promozione del mentoring e del passaggio generazionale assistito per i lavoratori autonomi; promozione e diffusione degli strumenti di formazione continua e di aggiornamento professionale.
Sono strumenti e di opzioni che vanno regolati e adeguati al sistema di welfare locale, ancora fuori dal governo degli occupati e dalla promozione della permanenza al lavoro. Vanno anche resi convenienti per il lavoratore e per le imprese rispetto al pensionamento tradizionale. L’innalzamento secco dell’età pensionabile non favorisce da solo un diverso atteggiamento del lavoratore anziano e dell’impresa. Un atteggiamento nuovo è infatti anche di tipo culturale. Ha a che vedere con l’organizzazione del lavoro e della produzione, e anche con la qualità e la condizione del lavoro, il sistema sociale diffuso, il ruolo della famiglia e delle scelte individuali.
Molti governi europei hanno preso la decisione di definire piani annuali per l’invecchiamento attivo, in grado di coordinare e collegare misure di natura diversa. L’Italia dovrebbe seguire la stessa prospettiva: lo chiedono i dati ed i problemi da affrontare.