Tutela e valorizzazione dell’ambiente, sicurezza del servizio. Due priorità della formazione nel Terziario di Pierangelo Raineri, Segretario Generale Fisascat

Di fronte a una doppia emergenza, energetica e ambientale, che apre scenari allarmanti sui destini del pianeta, appare chiaro come lo sviluppo sostenibile sia la vera sfida morale e intellettuale del millennio.
Questa prospettiva chiama in causa la responsabilità dei governi. Energia e ambiente debbono essere ai primi posti delle loro agende. Le soluzioni possibili sembrano abbastanza chiare: ridurre il consumo di petrolio e gas, diversificare la geografia delle forniture, sviluppare fonti alternative e rinnovabili, risparmiare energia, ridurre le emissioni di anidride carbonica, investire per trovare nuovi giacimenti, fare ricerca e innovazione per aumentare i rendimenti.
L’Unione europea ha lanciato una strategia che prevede obiettivi ambiziosi per il prossimo decennio. Sono obiettivi molto difficili da raggiungere per un paese come il nostro, la cui dipendenza da vincoli esterni è più alta per ragioni storiche e per scelte politiche. Ciò non toglie che ogni sforzo debba essere compiuto della autorità pubbliche, dalle Parti sociali, dai cittadini.
L’area dei paesi dell’euro dipende per il 63% da approvvigionamenti esterni di materie prime energetiche, in un mercato sempre più instabile, in cui prezzi e tecnologie sono nelle mani delle grandi compagnie o dei paesi fornitori. L’Italia, con una importazione che supera l’85%, è fra le nazioni più esposte agli eventi internazionali. Sulla base delle tendenze attuali , entro il 2030 l’Unione europea sarà tributaria per il 90% di petrolio e per l’80% di gas. La sicurezza degli approvvigionamenti si profila come questione cruciale ed è abbastanza evidente che nessun paese può farcela da solo. Per l’Europa tutta, insieme con la priorità della “dipendenza sostenibile” nella gestione del sistema energetico sono fondamentali l’efficienza e il risparmio energetici e la promozione delle fonti rinnovabili.
Per l’Italia è urgente la modifica del suo “mix energetico primario”, che punti alla sostituzione progressiva del petrolio e del gas con carbone pulito e fonti non fossili. Si tratta inoltre di promuovere le energie rinnovabili nella misura indicata dall’Unione ma anche andando oltre, perché esistono le condizioni favorevoli e risorse di progettualità e conoscenza: va ricordato che efficienza energetica e prodotti a basso consumo sono stati, nei decenni scorsi, un tratto distintivo del modo italiano di produrre beni e servizi. Non si contano i comuni che hanno intrapreso iniziative per l’energia eolica, il solare, l’uso di biomasse. Occorrono normative incentivanti che riducano, anche per i cittadini, difficoltà burocratiche e operative.
Contestuale, il problema del risparmio energetico che è problema di nuova progettazione, di applicazioni tecnologiche e di volontà delle istituzioni. Si possono diminuire perdite e sprechi ed aumentare l’efficienza dell’intera filiera dalla conversione dell’energia primaria (petrolio), alla produzione (cicli combinati, cogenerazione), ai vettori energetici (reti di distribuzione dell’elettricità), ai prodotti che consumano energia elettrica e gas (apparecchi, edifici, auto).
La sfida dello sviluppo sostenibile implica anche la valutazione dell’impatto ambientale delle attività e il conseguente bilancio ambientale di gestione delle risorse, nel quadro di una responsabilità sociale delle imprese che indirizzi la crescita verso elementi di qualità durevoli nel tempo. Il sindacato, dal canto suo, deve essere in grado di assumersi la sua quota di responsabilità e di protagonismo. La politica contrattuale va ripensata e ridisegnata attraverso meccanismi di partecipazione diretta all’utile d’impresa, attraverso il governo della produttività e del salario, attraverso strumenti bilaterali congiunti che affrontino sia il tema della perdita e del mancato trasferimento delle competenze nelle aziende ( per il ricorso indiscriminato a esodi incentivati, prepensionamenti, mobilità, contratti di lavoro atipici) sia quello della formazione su larga scala e dell’acquisizione di nuove figure e nuovi profili professionali.
L’economia verde ha effetti trasversali che non risparmiano alcun settore. Porta con sé un approccio inedito verso la produzione e il lavoro, che valorizza la spinta alla competitività e alla qualità dei processi e dei prodotti, da un lato, e l’apporto aggiuntivo delle risorse umane, dall’altro. Il Terziario di mercato, che interessa una forza lavoro di dieci milioni di persone, è in prima linea nella ricerca di vie d’uscita nuove dall’attuale crisi. Più di altri settori, deve essere attento nel cogliere le dinamiche e i fabbisogni occupazionali offerti da un’economia basata sul rispetto e la tutela dell’ambiente, sul basso consumo energetico, sulla maggiore soddisfazione del cliente, sull’eccellenza e la sicurezza del servizio. I Fondi interprofessionali – strumento indispensabile per la diffusione di una cultura della formazione alta e orientata sulla domanda – possono fare molto. Gli Avvisi di For.Te. lo provano in modo significativo e siamo fiduciosi che lo dimostreranno ancor meglio in futuro.
La Fisascat ha sempre sostenuto che è essenziale il concorso della bilateralità per orientare l’offerta formativa sulla base di esigenze reali rilevate nei territori, per individuare gli standard professionali, per validare e certificare gli esiti. Senza questa presenza, il rischio di una formazione generica, arretrata e ripetitiva è sempre incombente. La formazione continua, al contrario, deve darsi traguardi innovativi, tradursi in pratica corrente e universale, diventare diritto individuale, esigibile da qualunque lavoratore. Abbiamo quindi l’obbligo di attrezzarci per intervenire, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, nelle varie fasi dei percorsi formativi per indirizzarne le finalità, i criteri, tipologie, fruitori. La condizione prima è che la formazione continua entri a pieno titolo in ogni livello della contrattazione, a partire da quella aziendale e locale.
Ripetiamo: la green economy indica opportunità inedite, non solo perché crea posti di lavoro a migliaia ma perché induce anche a mutare punto di vista sui vincoli, sulle modalità, sul contesto e sulle ricadute finali del lavoro e della produzione. Sollecita nuove competenze, nuovi stili di vita e di comportamento, nuova cultura. Tutti aspetti che il Terziario esalta e da cui trae forza, essendo il settore più soggetto e più sollecito alle trasformazioni. Sta alle Parti sociali essere all’altezza del compito e diventare attori di cambiamento reale. La Fisascat raccoglie la sfida, convinta che il terreno principale su cui questa si gioca è la contrattazione nazionale e decentrata e che, per la formazione continua, sarà sempre più decisivo il ruolo della bilateralità.