Nel mercato del lavoro, un titolo di studio elevato consente maggiore occupabilità e più alte retribuzioni. Anche la recente crisi economica ha mostrato un rischio minore di perdita del posto di lavoro per il segmento più istruito della forza lavoro.
Tra il 2007 ed il 2010 gli occupati sono diminuiti di circa 350 mila unità, con una flessione del tasso di occupazione generale dell’1,8%: dal 58,7% del 2007 al 56,8% del 2010 (nel 2011 56,9%). Il saldo negativo varia secondo il livello di istruzione: si registra un aumento di 500mila unità degli occupati con diploma di scuola superiore o laurea, a fronte di una diminuzione di 850mila unità per le persone con licenza media o diploma triennale. Il vantaggio del livello di scolarizzazione si registra per tutte le fasce di età.
Rispetto all’occupabilità, il livello di istruzione ha agito meno rispetto alla media comunitaria. Tra il 2007 e il 2011 gli occupati con istruzione terziaria sono aumentati del 10% in Italia, del 14% nella media dei 27 Paesi comunitari, del 17,8% in Germania e del 13,4% in Francia. Nello stesso periodo, le persone in cerca di occupazione sono state 596mila unità, più del 40% circa. Colpite quelle con titoli di studio più bassi, in termini assoluti e in rapporto ai diplomati e ai laureati.
Nel 2011 il tasso di disoccupazione dei poco scolarizzati è su livelli doppi rispetto a quello dei laureati. Per questi è del 5,4%, per i diplomati è superiore del 2,5%, raggiunge il 10,4% per chi ha la licenza media. Il tasso di disoccupazione dei laureati è aumentato in Italia dell’1% tra il 2007 e il 2011, in Germania è diminuito dell’1,4% e in Francia è rimasto stabile.
L’investimento in formazione è determinante per la mobilità nel mercato del lavoro e rende più probabile l’ingresso nell’occupazione. Tra i disoccupati con licenza media, meno di un quarto ha trovato lavoro nell’arco di 12 mesi; per i diplomati la quota di successo cresce al 28% e per i laureati al 34,4%. I laureati giovani in cerca di occupazione entrano al lavoro in una percentuale (40,1%) molto più favorevole rispetto a quella dei disoccupati in età più matura (30,2%).
Alla contrazione del numero di nuove assunzioni si è accompagnata una riduzione delle trasformazioni dei contratti atipici in lavoro stabile. La quota di giovani passati a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato è scesa dal 26% registrata nel 2007, al 22,2% nel 2010. Per i contratti atipici di lavoro autonomo, contratti a progetto e collaborazioni occasionali, il tasso di transizione verso contratti di lavoro dipendente è diminuito di oltre l’11%.
Oltre al titolo di studio è il possesso di competenze chiave, come quelle informatiche e linguistiche , spendibili in modo trasversale sul mercato del lavoro, a favorire l’ingresso nell’occupazione e il passaggio verso il lavoro stabile. I dati dell’indagine Plus dell’Isfol mostrano che i tassi di transizione dal lavoro atipico al lavoro standard sono più alti per chi ha competenze chiave più elevate. Così la probabilità di transitare dal lavoro atipico alla disoccupazione è maggiore per i lavoratori con competenze basse.